La rinascita di Verdeto
Se una parrocchia cittadina “salva” un’antica pieve: la comunità dei Santi Angeli di Borgotrebbia mobilitata per la chiesa nelle vicinanze di Agazzano. La proposta: gemellaggi per salvaguardare il patrimonio artistico e pastorale delle chiese di campagna e di montagna
C’è malinconia e nostalgia nel sapere che una chiesa, una parrocchia, possa essere soppressa, chiusa al culto o aperta saltuariamente, magari per poche occasioni all’anno. Se poi quella chiesa ha una sua storia, una sua peculiarità, una bellezza che la rendono ancora più significativa all’interno della diocesi, allora il rammarico non può che aumentare. Eppure sono sempre più frequenti i casi in cui antichi edifici religiosi, come chiese, monasteri e santuari, sono venduti, trasformati e adibiti a scopi differenti rispetto a quelli religiosi. Certo, lo spopolamento delle zone di montagna ed il sempre minor numero di sacerdoti non rendono semplice la salvaguardia di questo patrimonio religioso, oltre che artistico e culturale. Tuttavia la volontà delle diocesi, dei sacerdoti e soprattutto dei fedeli dovrebbe andare nella direzione della conservazione anche di queste chiese che rischiano l’abbandono o un uso differente rispetto a quello per cui erano state fondate.
Da Camposanto Vecchio alla Valtidone
L’antica pieve di Verdeto, che sorge su una collina nei pressi di Agazzano, a dominare splendidamente l’intera pianura, sembrava destinata ad un declino simile, almeno pastorale, tanto da parlare già della sua soppressione come parrocchia. Forse c’era già stato qualche sguardo interessato ad un investimento immobiliare. La sua sorte, però, ha avuto fortunatamente un “happy end”, un lieto fine, per alcuni inaspettato, per altri provvidenziale. La pieve, una delle più antiche testimonianze cristiane della diocesi di Piacenza - di origine anteriore al Mille, sebbene la prima testimonianza documentata sia del 1123 - si è salvata, infatti, grazie alle iniziative e al contributo della parrocchia dei Santi Angeli Custodi di Borgotrebbia a Piacenza, il cui parroco, don Pietro Cesena, è stato nominato nella primavera del 2009 amministratore parrocchiale proprio della chiesa agazzanese, intestata a San Tommaso Apostolo. “La prima volta che vidi questo luogo - racconta don Pietro - rimasi colpito dalla bellezza del posto, ma anche dal fatto che numerose chiese della Valluretta siano ormai chiuse al culto. Quando ho saputo che San Tommaso si era resa vacante e che probabilmente sarebbe stata ceduta a persone interessate all’immobile, sono riandato col pensiero a quanto era accaduto a suo tempo con la chiesa di Camposanto Vecchio, i cui edifici, per lungo tempo trascurati, furono preservati dal precedente parroco, permettendo il loro recupero in tempi successivi”. “Ora Camposanto Vecchio - continua don Cesena - ricopre un ruolo pastorale importante per la parrocchia di Borgotrebbia e così sarà anche per Verdeto, per la quale la comunità di Santi Angeli Custodi ha investito forze e risorse per recuperare alcuni fabbricati appartanenti alla pieve e già ora si dimostra un’esperienza valida e interessante”.
Oggi nella chiesa di Verdeto si celebra la messa domenicale secondo un calendario che viene comunicato sul sito www.santiangelicustodi.com.
“La gente è molto legata alla propria chiesa”
Nonostante alcuni interventi siano già stati effettuati, parti dell’antica pieve necessitano infatti di altri urgenti interventi. In particolare si notano cedimenti strutturali nella canonica vecchia e in una cappellina; inoltre sono da sistemare l’antico teatrino ed il giardino. Per alcuni di questi lavori, si sta preparando la documentazione da presentare alla Sovrintendenza. “Ho trovato subito grande collaborazione e interesse - prosegue don Pietro - per tenere in vita questa parrocchia, soprattutto da parte degli abitanti della frazione, una settantina di parrocchiani, gente molto legata alla propria chiesa. “Inoltre, in una delle prime giornate trascorse là coi ragazzi, abbiamo trovato una lapide che ricorda come la chiesa sia stata edificata in onore della Beata Vergine Maria del Suffragio, alla quale, tra l’altro, è dedicata anche la chiesa del Camposanto Vecchio - racconta don Pietro -. Non poteva che voler dire che Maria desiderava il salvataggio della pieve. Certo, era inevitabile la diffidenza iniziale e qualche incomprensione, soprattutto con chi vedeva la pieve più come un luogo che come una comunità”.
Parrocchie in aiuto alle piccole comunità
Se Verdeto si è potuta salvare, non così presumibilmente potrà succedere ad altre chiese di campagna e montagna. Come si potrebbero salvare dal sempre più veloce abbandono? “Penso che tante parrocchie potrebbero aiutare le antiche chiese della nostra zona a sopravvivere, a conservare vivo il loro ruolo e il loro compito - aggiunge don Cesena -. Potrebbe essere un inizio per aiutare comunità piccole, ma desiderose di conservare la propria identità, collaborando a quella eterna riforma della Chiesa chiesta a San Francesco con quel «Vai e ricostruisci la mia Chiesa»”. Una proposta concreta ad un problema che per il momento rimane irrisolto. Ne va della presenza del cristianesimo stesso in zone a noi così vicine. La conservazione delle antiche pieve, delle chiese costruite per celebrare e non per essere solamente monumenti artistici, deve passare attraverso la comunità dei fedeli piacentini. Si sa che le risorse non sono illimitate, ma non si può nemmeno lasciare che la presenza della Chiesa si assottigli sempre più man mano che ci si allontana dalla città. In fondo anche questa è Missione popolare.
Anna Valentini